Parola di Cass

La Londra "claret&blue" dell'ICF, Inter City Firm: Cass Pennant intervistato da Gabriele Battaglia per Virgilio Sapere


 Parola di Cass di Gabriele Battaglia

Innanzitutto, vuoi spiegarci che cos'era e come nacque l'Intercity Firm?

L’Intercity Firm si formò e prese il suo nome alla fine degli anni Settanta, quando i tifosi del West Ham avevano già una notevole reputazione in fatto di risse. All’interno della firm di noi vecchi, quelli che avevano creato la fama dei West Ham, se ne stava formando una di gente più giovane. Noi non ci fidavamo molto di
loro, così scelsero una partita per farci vedere chi fossero. A quei tempi a noi interessava, molto semplicemente, infiltrarci nelle tifoserie che giocavano in casa per provocare più casino possibile. Quella partita si giocava in casa dell’Aston Villa, che aveva una delle gradinate più grandi del paese, e noi volevamo conquistarla perché non ci eravamo mai riusciti. La giornata stava prendendo una piega inutile, perché il gruppo principale era stato intercettato dagli sbirri, ma non fu lo stesso per i giovani, che entrarono nella curva del Villa e fecero un bel macello. Ma non finì lì, perché quelli se ne tornarono anche a Londra prima di tutti
noi, intrufolandosi nelle carrozze di prima classe dell’Intercity, e fecero a pezzi la banda del Millwall, a Euston, prima che noi arrivassimo. Questi ragazzotti cockney ci avevano fatto vedere chi erano e adesso volevano una loro identità. Così presero il nome del treno che li aveva portati in battaglia e diventarono l’ICF. In seguito, diverse bande si riunirono sotto l’”ombrello” dell’ICF. E furono nuove avventure.

Cass Pennant intento a firmare autografi
all'esterno dell'Upton Park

Prima del tuo libro, ho letto "Want some Aggro" di Micky Smith. Mi sembra che alla sua epoca si trattasse di risse a base di calci e pugni, poi arrivate voi e spuntano le armi. Come si determinò questo cambiamento? 

Anche negli anni Settanta circolavano armi, come  coltelli, asce, monetine, bottiglie e freccette, ma lo scontro avveniva allo stadio; è difficile immaginare armi nel bel mezzo di uno stadio. Quando i numeri crebbero, lo scontro divenne senza quartiere e più gente cominciò a farne uso, per proteggersi. Negli anni Ottanta, gli scontri si allontanarono ancor di più dagli stadi e si trasferirono nei pub, in strada, posti dove eri più esposto. Inoltre bisognava fare in fretta, prima che arrivasse la polizia, così diventarono di moda armi che potevano essere nascoste e fatte sparire velocemente, pur facendo il massimo danno. Roba tipo gli spray all’ammoniaca e i coltelli a serramanico divennero molto popolari tra i casual, cioè la gente cresciuta con il chiodo fisso della violenza negli stadi.

Che cosa significa steaming in?

Steaming in è un termine degli anni Settanta che spiega il momento in cui ti scontri con i tuoi avversari. Quando vai nella gradinata avversaria con un grosso gruppo, ti scaraventi contro tutti quelli che non sono della tua squadra, si aprono grossi vuoti sugli spalti e chi becchi becchi.

Quali sono gli aspetti principali della cosiddetta "Terrace culture", secondo te?

Prima di tutto c'è quel brivido, quell’eccitazione di sentire con i tuoi amici quella specie di ronzio che sale su su per le gradinate: una sensazione che non è seconda a nessun altra. La maggior parte dei ragazzi che conosco non avrebbe mai compreso la violenza o gli scontri nel football, ma poi hanno accettato che quello fosse il vero scopo dopo esserci andati, alla partita. Provi quella sensazione che qualcosa stia succedendo, che sei libero, possiamo fare quello che ci pare e siamo tutti insieme, una banda. Puoi anche farla finita con il football, ma le amicizie che fai lì dentro per me sono sempre valide. Insomma, amici che l’hanno vissuta e che stanno ancora insieme..... uniti.

Poi arrivò la signora Thatcher e disse "stop". Così tutto ebbe fine. Puoi raccontarci qualcosa di quel periodo?

Potremmo star qui a parlarne all’infinito, prima di decidere se fu a causa del Primo ministro o no. La verità è che molti di noi cercavano già di uscirne prima che la Thatcher si mettesse in testa di fare i conti con noi. Non era più molto divertente andarsene in giro in trasferta, cercando inutilmente gli avversari, con la polizia, polizia, sempre polizia che ci stava dietro. Poi la tragedia dell’Heysel ci sbattè in faccia quello che eravamo diventati e nessuno di noi desiderava questo. Penso che quei fatti abbiano messo fine al miglior periodo calcistico della nostra vita: vestiti alla moda, viaggi all’estero, tutte cose che ci hanno educato molto più di qualsiasi cosa ci abbiano insegnato a scuola. In quel periodo lì, qualsiasi cosa facessero le autorità per fermarci eravamo comunque noi ad avere la situazione in mano. La Thatcher avrà anche sconfitto i minatori e senz’altro ci stava dando la caccia. Ma ha dovuto utilizzare metodi polizieschi scorretti per fotterci; così tantissimi processi sono finiti nel nulla.

Quindi pensi che sia finita davvero? Mi capita di vedere le nuove bande di casual ma ho come la sensazione che si tratti più che altro di moda. Hai presente, tutti questi vestiti Burberry's e Aquascutum?

Guarda, se Millwall e West Ham se ne stanno insieme senza che voli neanche un pugno, allora vuol dire che quei giorni sono proprio finiti.  Almeno, per me è finita da un bel pezzo. Ma a me piace la moda nel football e le stesse marche che piacevano a noi vent’anni fa, sono quelle con cui si vestono i ragazzi oggi.

Ecco, parlaci un po' del collegamento tra le gradinate e la moda. Potresti fare una specie di "storia dello stile" legato alla cultura da stadio?

Guarda, quando arriva il sabato c'è solo il football, e il football per molti di noi tifosi è come una religione. Beh, forse che quando vai in chiesa non metti i tuoi vestiti migliori?
Ora dimentica le fissazioni dei sociologi che fanno risalire la violenza negli stadi al medio evo, perché si dimenticano che la terrace culture, così come la conosciamo oggi, nasce dalla prima ondata skinhead che prese il via a Londra, un anno dopo la vittoria dell'Inghilterra ai Mondiali. Nel ’69 la cultura skin aveva già conquistato l'intera nazione e le gradinate erano piene di ragazzi in Doc Marten's, Levi's, camicie Ben Sherman, montoni, che bevevano soft-drinks. Insomma, tutti volevano sembrare dei duri e i vestiti dovevano essere all'altezza se non volevi essere preso per il culo da tutta la gradinata.
La musica coincideva con la moda, che a sua volta coincideva con lo stadio, e io ricordo anni e anni in cui tutti avevano un certo libro di Richard Allen sugli skinheads. La musica che andava era il Tamla soul e il Trojan reggae.
Poi arrivarono gli anni Settanta e il Glam rock e tutti passarono ai capelli lunghi, basettoni, pantaloni a zampa d'elefante, maglioni di lana cotta oversize e jeans dappertutto. Ci sono un sacco di foto d'archivio della Red Army del Manchester United - come se fossero loro i più duri - ma intanto la musica era già andata avanti, verso il rock duro: All the young dudes, The boys are back in town, Saturday night’s alright for fighting, tutti questi pezzi non smettevano mai di essere suonati dai juke-box.
Il punk cercò di fare il suo ingresso in gradinata nel '77, con scarsi risultati. Solo alcuni membri delle bande, a livello individuale, adottarono quel look. Il fatto è che venne assimilato troppo presto dall'industria pop e così i ragazzi da stadio non riuscirono a interpretare il punk alla loro maniera, in modo originale. Detto questo, ne presero però l'energia rozza e l'atteggiamento fuck you, tipico di quella musica, così nacquero delle vere e proprie band, come i Cockney Rejects che sono i miei preferiti.
Inoltre molti cominciarono a lavorare come roadies o security per queste band e tutto ciò conduce direttamente all'uniforme che vestivamo noi dell'ICF: quel bomber verde che indossavamo sempre.
Così, se il punk ci appariva troppo artefatto, alla fine degli anni '70 quello che ci salvò fu il gran ritorno della moda skinhead, con le Fred Perry, e il nuovo look mod, grazie a film come Quadrophenia e a band come i Jam.
Gli skin volevano apparire dei duri, mentre i mods avevano più stile, ed entrambe le mode invasero il football. Intanto, quelli più avanti erano già diventati i primi casuals. I casuals, con il loro desiderio di legare sempre più lo stile al football, portarono tutto su un altro livello.
I figli della Thatcher che stavano in gradinata se ne andavano in Europa con la Nazionale o con i loro Manchester United e Liverpool. Il design legato alle grandi marche sportive spuntava un po' ovunque qui da noi, non si trattava più di una faccenda solo londinese, si faceva a gara con gli scouse e i mancs, e devo dire che forse loro la sapevano più lunga. Questo periodo, all'inizio degli anni '80, è stato veramente il migliore perché, molto semplicemente, non mancava nulla, ogni tendenza veniva dalle gradinate e nessuno ci metteva i piedi in testa, dico davvero.
(Il miglior libro che mi sia capitato di leggere sulla storia della moda da stadio è Casuals, di Phil Thornton)

Sul tuo sito è possibile comprare un po' di materiale con il logo dell'ICF (bellissima la bandiera con la croce di S. Giorgio!). Per caso, hai registrato il "marchio"?

Ascolta, il nostro grido  di battaglia era “Siamo la famosa ICF!”, ma nessuno di noi pensava che saremmo diventati, come gruppo, così famosi. Era solo un modo di sfidare i nostri avversari. Quando eravamo attivi, ma anche oggi, non ci sarebbe stato bisogno né dei colori del club, né dei souvenir per “presentarci”. Ora, dato che io sono uno dei più noti ex, pensi ci sia bisogno di qualche certificato di autenticità perché la gente compri questa roba da me? Direi proprio di no, amico mio.

La gente chiede sempre "perché?" Io di solito cerco di dare spiegazioni pseudo-sociologiche, ma alla fine mi trovo sempre a concludere "beh, perché ci piaceva. Dovresti averci provato anche tu!"
Non ti trovi mai in questa situazione?

Oh, la grande domanda, perché, perché e perché. E’ ridicolo che la società non possa sopportare la risposta più semplice: "perché me la spasso con gli amici, signori miei". Il fatto è che si pensa che la vita non possa andare avanti senza una maledetta ragione per ogni cosa. Lo sai no? È tutto o bianco o nero, nessuna sfumatura di grigio.

So che stai scrivendo la seconda parte di Terrace legends e che cerchi di contattare gli elementi di spicco delle più note tifoserie d'Europa. Ti spiego perché mi sembra una cosa strana: nessun capo-ultras italiano vorrebbe mai apparire con la sua faccia in un libro, tanto meno raccontare esplicitamente le storie violente. Hai qualche difficoltà a portare avanti questo lavoro?

No, dunque, Terrace Legends è un libro unico e compiuto. Racconta in modo molto semplice ed esplicito le azioni e i pensieri di quei personaggi di cui si è sentito sempre parlare come se appartenessero una specie di misterioso mondo degli hooligans. A causa di vecchie rivalità, non avrei mai potuto scriverlo senza il contributo dell’autore Chelsea del libro, Martin King. Alla fine ce l’abbiamo fatta perché entrambi abbiamo accettato che l’altro, indipendentemente, scrivesse il capitolo sulla propria firm, in pieno, reciproco rispetto. Inoltre abbiamo raccontato solo storie del passato, niente di attuale, e chi racconta ribadisce in prima persona di non essere più attivo oggi. Si può addirittura giungere alla conclusione che molti abbiano assunto una posizione piuttosto critica verso la violenza nel calcio.
Mi è frullata in testa l’idea di questo libro per anni e, tutto sommato, capisco quello che intendi quando ti riferisci ai contenuti e a chi ci compare. Infatti è un libro che non può essere scritto da chiunque: nasce dal totale rispetto e dalla fiducia reciproci.
Il seguito avrà un nuovo titolo, Top Boys, e lo scriverò da solo. Sarà ancora incentrato soprattutto sulle bande inglesi, ma mi interessa anche la scena europea, perché in alcune tifoserie europee sento una passione simile o addirittura superiore alla nostra. Mi interessa soprattutto la scena dell’Europa orientale, mi ha colpito molto.

A proposito, a parte te, chi sono gli altri ragazzi che compaiono sulla copertina del tuo libro? Ci racconti qualcosa di loro?

Quello in primo piano è Bill Gardner. Beh, lui è molto semplicemente il più grande e voi tutti, ragazzi, mi state facendo perdere un sacco del tempo che dovrei dedicare a scrivere la sua biografia, che prevedo di fare uscire nel 2005. Il tipo più vecchio, con i baffi, è Bunter, della TBF del West Ham, la Teddy Bunter Firm. Il più giovane è Brett, uno di quelli che c’erano sempre, anche se non amavano apparire troppo. Ecco, anche oggi mi piacerebbe se questi ragazzi potessero starsene un po' in disparte, dato che si sono tutti lasciati alle spalle quei giorni da fuori di testa, le vecchie pazzie dell’ICF.

Ultima domanda: come lo vedi il West Ham, quest'anno?

Eh, la squadra non sarà mai quello che avrebbe potuto diventare con tutti i giocatori che sono arrivati durante il regno di Harry Redknapp. Io vorrei che il mio club andasse bene, ma più che altro è una speranza, visti gli ultimi quattro anni. Penso in tutta sincerità che il presidente, Terrence Brown, abbia infilato un braccio in gola al club e sia sceso giù fino a strappargli il cuore. Usando il gergo dei Cockney rejects, direi che è un bad man.

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